
Questo libro è concepito per essere uno strumento d’orientamento per chi inizia un’attività in proprio o per chi magari desidera ripensare a quella già in essere.
Analisi della strategia generale
La legittimazione del mercato, come strumento fisiologico che promuove il benessere, deriva dal continuo confronto tra la domanda e l’offerta. Io domando un bene o un servizio e lo cerco tra quanto mi offre il mercato. Acquisterò il prodotto che è in grado di soddisfare meglio e di più i mie bisogni iniziali. L’uso di quel bene mi consente quindi di “crescere” ancora (dinamica della domanda). Gli altri produttori degli stessi beni esclusi dalla mia scelta si sforzeranno per migliorare il loro prodotto così da essere possibilmente prescelti la prossima volta, quando saranno in grado di offrire più qualità a minor prezzo (dinamica dell’offerta).
La costante interazione tra domanda e offerta è il mercato e questo continuo confronto esige una trasparenza di comportamenti, in entrambi i soggetti, che sintetizziamo nella parola “strategia”.
Proprio come insegna l’antico samurai Miyamoto Musashi nel suo “libro dei cinque anelli” (“gorinnosho”), la via della “strategia” (“hejo”) è la via che porta alla vittoria.
L’azienda ha uno scopo, un obiettivo base, primario, indispensabile che si traduce in missioni, valori, politiche, organizzazioni.
La strategia è l’insieme d’azioni codificate e obiettivi da perseguire entro un determinato periodo e non dovrà essere disorganica; al contrario, le azioni o strategie dovranno integrarsi ed aggregarsi tra di loro.
La strategia delineata, per quanto rigorosa essa sia, non è mai lineare e statica, è soggetta a continue revisioni e aggiustamenti, poiché possono variare le situazioni iniziali.
Il successo delle strategie è quello di fissare all’orizzonte obiettivi ambiziosi ma ragionevoli, che vadano oltre le risorse e le capacità esistenti.
Per delineare la strategia è bene tenere in considerazione:
- mission
- business
- mercato
- controllo
- evoluzione
- obiettivi a lungo termine
- errori
- rimedi
Mission
Quali obiettivi s’intendono raggiungere e perché lavorare per obiettivi?
Attraverso un obiettivo possiamo dare una direzione al nostro lavoro e conoscere lo sbocco delle nostre azioni. Possiamo inoltre chiarire le nostre aspettative e chiederci quanto siamo davvero interessati a quell’obiettivo.
Gli obiettivi:
- innalzano il livello di prestazioni; il miglioramento non sarà casuale ma continuo e guidato;
- migliorano efficacia e efficienza, permettendo di individuare le attività da svolgere, ci aiutano a stabilirne l’ordine corretto delle procedure eliminando quelle superflue. Se si classificano delle azioni o bisogni secondo i principi di “importanza” ed “urgenza”, si scopre che, di solito, ciò che è classificato come non importane e non urgente è un’azione che può essere tralasciata;
- permettono di valutare e misurare;
- permettono d’intervenire per correggere;
Un obiettivo, per definirsi tale deve:
- non essere generico;
- non essere indipendente da risultati specifici;
- non essere svincolato da scadenze temporali.
Come deve essere allora un obiettivo ben formato?
Deve essere S.M.A.R.T.
S – (specific) specifico:
L’obiettivo deve essere chiaro, conciso e circoscritto.
La domanda che dobbiamo porci è:
“Che cosa vogliamo fare?”
M – (misurable) misurabile:
L’obiettivo deve essere quantificabile, per rendere possibile la verifica del raggiungimento dello stesso.
La domanda che dobbiamo porci è:
“Come misurare i progressi in corso di azione?”
A – (attractive) attraente:
L’obiettivo deve essere focalizzato su risultati da raggiungere.
La domanda che dobbiamo porci è:
“Perché sto facendo questo sforzo?”
R – (relailable) raggiungibile:
L’obiettivo deve essere sfidante, ma realizzabile.
La domanda che dobbiamo porci è:
“Posso aspettarmi ragionevolmente di arrivarci?”
T – (tempified) tempificato:
L’obiettivo deve chiaramente indicare i tempi evidenziando, se necessario, anche fasi intermedie.
La domanda che dobbiamo porci è:
“Entro quanto? Quali sono i tempi?”
Per riassumere questi punti, gli anglosassoni hanno coniato l’acronimo S.M.A.R.T. (come il nome della famosa utilitaria) che significa brillante, sagace.
Senza questi parametri, ciò che ci si è proposti non è un obiettivo, ma solo di un buon proposito!
Fissati gli obiettivi primari, potremo porci altri interrogativi:
- Che tipo di impresa vogliamo essere? (locale, multi regionale, internazionale, settoriale, specifica, commerciale, produttrice, indipendente, terzista, di nicchia, dipendete da gruppi, ecc.)
- Quali capacità vogliamo sviluppare? (tecniche, lavorative, artistiche, manodopera specializzata, conto terzi, ecc.)
- Da cosa ci differenziamo dai concorrenti? (siamo più preparati, più convenienti, più precisi, più veloci, più innovativi, introduciamo più qualità nei prodotti, ecc.)
Business
Domande alle quali sarebbe bene rispondere, per chiarire a noi stessi l’idea che abbiamo riguardo al business che vogliamo realizzare, sono:
- In quale business vogliamo competere?
- Siamo nel business giusto per massimizzare la redditività nel lungo periodo?
- Vogliamo competere in più business tra loro correlati o in più business tra loro non correlati?
- In quali business possiamo entrare?
- Quali business dobbiamo abbandonare?
- Quali business dobbiamo evitare?
- Possiamo usare le stesse risorse umane e tecnologiche previste?
- Abbiamo la capacità finanziaria per aumentare il business?
- Come possiamo dividere le risorse?
Mercato
Soffermiamoci su alcuni punti concernenti il mercato di cui vogliamo entrare a far parte:
- Come affermarsi in un particolare ambiente competitivo?
- Quali vantaggi costruire rispetto ai concorrenti?
- Come cogliere le nuove opportunità individuate o create dai mercati?
- Il prodotto risponde alle esigenze dei clienti?
- Come affrontare la concorrenza?
Controllo
Occorrerà una verifica periodica delle strategie delineate, con periodicità almeno annuale a regime e almeno trimestralmente in fase d’impianto.
Evoluzione
Si dovrà presentare periodicamente le nuove evoluzioni strategiche, le nuove intuizioni e riformulare la strategia.
La cibernetica aziendale
La cibernetica aziendale è un’evoluzione del modo di pensare ed affrontare i problemi all’interno di un’azienda.
Esige l’abbandono del ragionamento lineare in termini di causa effetto ma l’apprendimento del pensiero in termini di sistemi complessi.
Per sistema complesso si intende una relazione con fatti esterni alla rigida logica aziendale.
Per esempio:
- Il management, per via della continua evoluzione mondiale, deve affrontare problemi sempre più complessi da risolvere e sempre più rapidamente;
- la velocità del progresso tecnologico rende i prodotti obsoleti nel giro di pochi anni o mesi;
- la relazione con pericoli ambientali appartiene in misura crescente alla quotidianità imprenditoriale.
Obiettivi a lungo termine
Obiettivi a lungo termine sono:
- stabilire quale sia e quale debba essere la posizione strategica rispetto ai concorrenti e al mercato;
- quali cambiamenti siano in atto e come agiranno sull’organizzazione;
- decidere le azioni e i tempi per raggiungere gli obiettivi;
- valutazione delle risorse di cui dispone l’azienda: umane, finanziarie, tecniche;
- individuare i punti deboli e di forza;
- verificare se esiste la possibilità di sfruttare delle sinergie;
- individuare chi ha la responsabilità di realizzare le strategie, quali persone e quali parti dell’organizzazione.
L’impresa per essere duratura e florida deve puntare alla creazione di valore nel lungo periodo. Per creare queste condizioni ha bisogno d’impegnarsi a fondo lungo tutto il suo percorso; in tale ambito emerge con sempre maggior criticità il ruolo degli intangibili.
Cosa sono gli intangibili?
Gli intangibili sono un valore unico e assoluto che possiede un’azienda.
Si dividono in:
- risorse di conoscenza, fondate sul sapere, i brevetti, la ricerca e lo sviluppo;
- risorse d’immagine, il marchio (brand), il design;
- risorse di fiducia, basate sulla fiducia, la reputazione e il consenso che l’impresa è in grado di generare e trasmettere ai vari collegati;
- risorse umane, basata sulle competenze, le motivazioni, livello di scolarità, il turnover e l’età della forza lavoro;
- risorse oggettive (qualità indiscussa del prodotto).
Errori
La percezione del rischio è fondamentale per evitare errori, perché è proprio nella percezione del rischio e non sul rischio reale che si fanno le scelte, quando siamo davanti al rischio reale potrebbe risultare troppo tardi porre rimedi.
Sono errori:
- concentrarsi sul presente senza pensare al futuro;
- concentrare l’attenzione su una o poche variabili;
- costruire ipotesi solo su convincimenti già acquisiti e basati solo sulla propria esperienza, ma non a prova di instabilità;
- generalizzare sulla base dell’osservazione di piccoli campioni d’esperienza;
- sopravvalutare la capacità di controllo degli eventi;
- la tendenza a stabilire analogie che semplificano troppo la realtà;
- accanirsi con investimenti se si profila la possibilità d’insuccesso;
- non tenere presente che il ciclo di vita dei prodotti, con le nuove tecnologie si accorcia;
- non usare personale specializzato;
- non tenere in debita considerazione l’instabilità economica;
- sottovalutare la concorrenza;
- sottovalutare l’importanza dei valori sociali e civili;
- non motivare i collaboratori;
- non avere una strategia.
Rimedi
Alcuni possibili rimedi sono:
- analisi dialettica e costruttiva tra i responsabili;
- coordinamento tra tutti i settori dell’azienda;
- continui confronti;
- individuare non tanto come evolverà il sistema, ma i limiti oltre il quale il sistema rischia di distruggersi;
- controllare sistematicamente le variabili di rischio;
- prendere con tempestività e con lungimiranza le adeguate decisioni;
Pertanto si dovranno ridurre il più possibile le cause d’incertezza.
Nella dialettica comune, quando non si raggiungono gli obiettivi prefissati, si fugge spesso dalle proprie responsabilità, invocando il detto che un bicchiere riempito a metà lo si può considerare mezzo pieno o mezzo vuoto, a seconda dei punti di vista. Per effetto di ciò, saremmo indotti a consolarci sostenendo: “Non è poi andata tanto male, siamo riusciti a riempire il bicchiere a metà!”
Oppure potremmo sostenere che non abbiamo perso proprio tutto perché nel bicchiere è rimasto metà.
Questo è un errore, comunque lo si voglia vedere, un bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno è un risultato al 50% e non è certo in linea con le nostre aspettative. Pertanto si dovrà reagire trovando la soluzione ottimale per avvicinarsi il più possibile al 100%.